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LAST ACTION HERO - L'ULTIMO GRANDE EROE
(LAST ACTION HERO)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 5 dicembre 1993
 
di John McTiernan, con Arnold Schwarzenegger, Mercedes Ruehl, F. Murray Abraham (Stati Uniti, 1993)
 
Tempi duri per i più celebri bodybuildati dello schermo: il pubblico non ammette che siano in grado anche di pensare.

Prima ci ha provato Sylvestre Stallone, inforcando gli occhialini da intellettuale in TANGO & CASH. Risultato: è tornato in T-shirt a venti sottozero, per via dei bicipiti oliati, a fare la guida alpina di CLIFFHANGER. Ed ecco ora Schwarzy: assume un regista capace (John McTiernan di CACCIA A OTTOBRE ROSSO), fa investire quasi 100 milioni di dollari senza contare i cervelli, riflette su una storia che gli permetta di menare gli abituali cazzotti. Ma anche di riflettere sul cinema e, già che ci siamo, sulla propria identità: ma, secondo voi, quanto possono interessare al pubblico di TERMINATOR i conflitti psicologici del loro idolo dalla mascella quadra? Le disavventure finanziarie dell'ultimo colosso della Columbia e della Sony nascono probabilmente da questo errore, quasi patetico in epoca di previsioni computerizzate: avere - nella speranza di contrastare il successo ai dinosauri della concorrenza che invadevano gli schermi americani la medesima estate - clamorosamente sopravvalutato il proprio pubblico. Avere - come non bastasse - proposto un'equazione impossibile: far convivere la logica (oltretutto sopra le righe, "esagerata", come tutte quelle dedicate a questo genere di eroe) del film d'azione, contemporaneamente alla sua parodia.

Come ne LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO, infatti, il piccolo ammiratore dell'Eroe riesce a penetrare nello schermo (grazie ad un biglietto magico, trovata un po' meno magica per trarsi d'impaccio da parte degli sceneggiatori... ). Raggiunge Schwarzy, gli spiega come la sua invulnerabilità provenga da una logica fantasiosa, ma assai relativa da disegno animato: e ne approfitta - oltre che per partecipare di persona alle tradizionali evoluzioni spettacolari del genere - per avvicinare altri idoli della celluloide (da Belushi, Tina Turner a Sharon Stone, passando per Van Damme) che interpretano sé stessi, apparendo come comparse nel film-nel-film. L'incontro con Hollywood serve quindi all'Eroe per confrontarsi con la propria identità, fino all'autoderisione. Incrocia Murray-Abraham, l'interprete di Salieri in AMADEUS: ed il ragazzino gli dice fai attenzione, che quello ha ucciso Mozart. Assume le sembianze di Laurence Olivier nell'AMLETO: pur di poter piazzare la battuta sulla pulizia da farsi nel regno di Danimarca. E osa spingersi fino alle supreme spiagge bergmaniane, incontrando la Morte con la falce, celebrata nel mitico IL SETTIMO SIGILLO bergmaniano. Il cerchio è allora concluso: LAST ACTION HERO, iniziato grazie ad una delle trovate più celebri di Woody Allen, si conclude con quello che il regista di LA ROSA PURPUREA ha sempre affermato essere il suo film preferito.

Ambizione suprema: quella di relativizzare fino all'autoironia un genere che non ammette dubbi. Di porre continuamente dei punti interrogativi (le rimesse in questione della realtà) laddove il racconto richiedeva una continuità d'azione. John Mc Tiernan inflaziona di strizzatine d'occhio, citando film propri (L'INFERNO DI CRISTALLO) o mettendo uno in faccia all'altro, il povero Schwarzy e la sua immagine mitizzata. Coniuga (o, tenta di farlo) la realtà, la finzione, ed ancora la rappresentazione della finzione.

Così, finisce in un paradosso: film schizofrenico come pochi, LAST ACTION HERO è uno dei primi della storia a morire delle proprie (simpatiche, come no) ambizioni e qualità.


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